Ci sono momenti nella storia di un Paese che segnano una frattura netta tra prima e dopo. In Italia, uno di quei momenti si chiama P2.
Tra il 1976 e il 1981, un’organizzazione segreta, mascherata da loggia massonica, costruì silenziosamente una rete parallela capace di influenzare politica, esercito, magistratura, stampa e finanza. Il suo nome ufficiale era Propaganda Due, ma tutti la conoscono come Loggia P2.
Per anni ha operato nel buio, protetta da segreti, complicità e silenzi. Ma quando venne scoperta nel 1981, ciò che emerse era così vasto e inquietante da sembrare irreale. Un vero e proprio “Stato nello Stato”.
Licio Gelli, il burattinaio invisibile
Al centro di tutto c’era lui: Licio Gelli, il “Venerabile Maestro”.
Ex fascista, uomo dei servizi, imprenditore e personaggio ambiguo, Gelli non si limitò a guidare una loggia massonica. Costruì un vero sistema di potere parallelo, selezionando accuratamente i suoi affiliati: politici di primo piano, generali, magistrati, giornalisti, manager pubblici, banchieri, agenti segreti.
La P2 non seguiva le regole tradizionali della Massoneria. Era un club privato per la gestione del potere, con un obiettivo chiaro: influenzare dall’interno le istituzioni democratiche.
Il “Piano di Rinascita Democratica”
Tra i documenti ritrovati nella villa di Gelli ad Arezzo, uno colpì più di tutti: il famigerato “Piano di Rinascita Democratica”.
Non era un semplice manifesto: era un programma strategico per il controllo dei media, l’indebolimento del Parlamento, la riforma della magistratura, la creazione di un esecutivo forte e centralizzato.
Era, in sostanza, un progetto per trasformare la Repubblica Italiana in una struttura autoritaria mascherata da democrazia. Un colpo di Stato lento, invisibile, ma efficace.
La scoperta e lo scandalo nazionale
Il 17 marzo 1981, durante una perquisizione ordinata dalla magistratura di Milano nel quadro dell’inchiesta sul Banco Ambrosiano, venne scoperta la lista degli affiliati alla P2: 962 nomi.
Quella lista era un terremoto: vi figuravano ministri, capi dei servizi segreti, generali dell’esercito, direttori di giornali, industriali, e persino Silvio Berlusconi, allora giovane imprenditore televisivo.
Lo scandalo fu enorme. Per la prima volta, gli italiani vedevano con chiarezza l’esistenza di una rete occulta dentro lo Stato, capace di decidere carriere, pilotare inchieste, manipolare l’opinione pubblica.
Le connessioni internazionali
La P2 non era solo un fenomeno italiano. Gelli aveva contatti diretti con la CIA, con l’America Latina (soprattutto Argentina e Uruguay), con ambienti finanziari e massonici internazionali.
Era un intermediario globale, una figura chiave in uno scenario geopolitico dove l’anticomunismo, il denaro e il potere si intrecciavano in modo spietato.
La fine (apparente) della P2
Dopo la scoperta, il Parlamento italiano sciolse la P2 con legge del 1982 e dichiarò illegale ogni loggia segreta. Il Grande Oriente d’Italia ne prese le distanze e cancellò formalmente la loggia dal proprio registro.
Ma davvero finì tutto lì?
Molti degli affiliati tornarono presto sulla scena pubblica. Alcuni fecero carriera. Altri fondarono nuove logge, questa volta ancora più nascoste.
Il “metodo P2” – quello delle liste riservate, delle regole interne, dei favori incrociati e delle coperture istituzionali – non è mai veramente morto. È semplicemente cambiato forma.
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Se pensi che quella stagione oscura sia solo storia passata, è ora di ricrederti.
Molti fili di quel sistema esistono ancora, agiscono ancora, e fanno ancora paura.
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